giovedì 28 luglio 2011

L'euro che fine farà....

"Nessuno deve farsi illusioni..la situazione nell'Eurozona è molto seria e un fallimento nella gestione dei debiti sovrani avrà sicuramente ripercussioni a livello globale". Di frasi apocalittichesu quello che sta succedendo nelle ultime settimane non si contano ormai più, ma la cosa diventa più rilevante quando a pronunciarle è il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, che in questo modo si è allineato ai timori espressi dal Fondo monetario internazionale. Cosa può succedere a questo punto? L'euro può saltare davvero e, comunque, come comportarsi con i propri risparmi per limitare i pericoli? Proviamo a capirlo analizzando i dati più recenti e le prossime scadenze.

[L'Europa approva un 'piano Marshall' per la Grecia. Salverà l'euro?]

La posizione della Commissione Ue
La posizione assunta da Barroso, che ha immediatamente provocato una reazione negativa dei mercati, è stato soprattutto un richiamo al senso di responsabilità dei governanti europei affinché smettano con la scaricabarile e si facciano carico della crisi greca trovando una posizione condivisa. Infatti, il presidente della Commissione Ue ha ricordato che l'euro "è un nostro patrimonio importante", aggiungendo che occorre uno sforzo per la sua stabilità, "altrimenti il giudizio della storia sarà duro".

Lo stato di salute della moneta unica
Per capire qual è lo stato di salute dell'euro basta dare uno sguardo ai grafici [
vai al cambio euro/dollaro]: se a inizio maggio la moneta unica era arrivata a sfiorare a più riprese 1,49 contro il dollaro, ora viaggia intorno a 1,40-1,42. In calo, dunque, contro una moneta che è sotto pressione per via dei dissidi tra Democratici e Repubblica sul deficit federale, con lo spettro del default che si aggira.

[Gli Stati Uniti tra i paesi a rischio default]

Con tutto ciò che questo comporta per l'economia italiana: considerato che le materie prime sono denominate in dollaro e che noi le importiamo in gran quantità, questo significa un aumento dei prezzi per carburanti, alimentari e così via. Il confronto si fa più pesante con il franco svizzero [vai al cambio euro/franco svizzero], divenuto ormai moneta rifugio per quanti diffidano di una soluzione della crisi in tempi brevi. A fine 2010 l'euro veniva scambiato a 1,30 rispetto alla moneta elvetica, attualmente si aggira intorno a quota 1,15.

Tutta colpa della speculazione?
Nei discorsi di politici e analisti si sente spesso puntare l'indice contro la speculazione internazionale. La realtà è che dietro questa parola si nascondono investitori professionali che movimentano enormi somme di denaro in base alle proprie convinzioni: se, quindi, decidono di vendere euro e acquistare franchi svizzeri significa che sono convinti di anticipare in questo modo i trend dell'economia reale.

I rischi reali
Nonostante le forti pressioni delle ultime settimane va comunque detto che l'euro non è crollato e anche gli attacchi all'Italia sono stati in parte riassorbiti nelle ultime sedute, dopo che ha cominciato a prendere corpo l'ipotesi di una posizione condivisa a livello europeo. Detto questo, resta un problema di fondo: quello di un'area del mondo che cresce lentamente, molto meno rispetto ai Bric (Brasile, Russia, India e Cina) e agli stessi Stati Uniti. Un'aggregazione economica che manca tuttavia di guida politica e che, quindi, non riesce a esprimersi con una sola voce quando si pongono questioni di portata globale.

Come investire
Per il
piccolo risparmiatore non resta che fare un ceck-up periodico del proprio portafoglio e, se crede in una debolezza strutturale della moneta unica europea, diversificare puntando su altre valute. La strada più semplice consiste nell'acquistare titoli azionari di altri paesi: ad esempio i principali broker italiani consentono di fare trading sui titoli statunitensi ad alta capitalizzazione. Un'altra strada, più prudente, consiste nell'acquistare quote di fondi o etf denominati in valuta estera. Senza mai dimenticare che un'esposizione eccessiva in questa direzione può aumentare sensibilmente il rischio dei propri investimenti, aggiungendo al rischio classico del saliscendi dei titoli, quello legato alla fluttuazione della valuta prescelta rispetto all'euro.




lunedì 4 luglio 2011

I costi della vita in Europa

Quanto costa vivere nei Paesi dell'Ue? Per calcolarlo si può fare riferimento ai dati pubblicati da Eurostat. Mettendo a paragone iprezzi dei beni e dei servizi nei Ventisette si può scoprire ad esempio che in Italia il costo della vita è di poco superiore alla media. Il sito di informazione Linkiesta.it ha elaborato le statistiche di Eurostat e ha fatto un confronto, Paese per Paese, dei prezzi in generale e di quelli relativi ad alcune delle principali categorie di spesa (alimentari, alcol e tabacchi, abbigliamenti, trasporti, ristorazione e hotel, elettronica di consumo).

Ecco quindi quanto costa fare la spesa in Europa?

L'elaborazione de Linkiesta.it ha fatto pari a 100 il costo medio dei beni e dei servizi nei 27 Stati dell'Unione Europea. L'analisi, effettuata soltanto in termini relativi e non in valori assoluti, è partita dal costo della vita in generale, prendendo in considerazione, come riferimento, un paniere di 2.500 beni di consumo e servizi. Il Paese in cui il costo della vita è esattamente pari alla media dei Ventisette è la Gran Bretagna. Il valore è infatti uguale a 100. Lo Stato in cui la vita è più cara è invece la Danimarca, che raggiunge un punteggio di 143.

Quindi, se per esempio un consumatore fa la spesa in un supermercato britannico e spende 100 euro, per acquistare gli stessi prodotti in terra danese dovrebbe spenderne 143. Per quanto riguarda il costo del vivere in generale, l'Italia si colloca di poco, quattro punti, al di sopra della media Ue: il punteggio del nostro Paese è 104. Tra gli Stati più cari, dopo la Danimarca, ci sono la Finlandia (123), il Lussemburgo (120) e laSvezia (120). Quelli in cui vivere costa meno sono invece i Paesi dell'Est: Bulgaria (51), Romania (59) e Polonia (63), molto al di sotto della media.

Per quanto riguarda cibo e bevande analcoliche, la situazione non è molto diversa. Il paese più caro da questo punto di vista è ancora la Danimarca, con ben 36 punti al di sopra della media. Al secondo posto però spicca l'Irlanda (120 punti). Nel Paese definito fino a pochi anni fa "la Tigre Celtica", non è quindi una buona idea fare acquisti alimentari. In questa graduatoria, l'Italia si piazza ancora una volta intorno alla media europea con un punteggio di 106: sei punti in più rispetto al valore medio. Nel Belpaese, comprare prodotti alimentari è più dispendioso che in altri Stati come la Gran Bretagna (102) o l'Olanda (96).

Lo scenario relativo all'alcol e ai tabacchi è completamente diverso. I prezzi maggiori per sigarette e alcolici si riscontrano in Irlanda (170 punti) e nel Regno Unito (142). In Italia, invece, i vizi sono un po' più abbordabili: il punteggio del nostro Paese è 104. Anche in questo caso, gli Stati in cui conviene di più fare acquisti del genere si trovano nell'Europa orientale. Nel più economico, la Romania (64 punti), chi compra tali prodotti spende quasi la metà rispetto alla media europea.

Per chi vuole fare shopping di abiti è consigliabile evitare la Svezia (126 punti), il Paese più caro per quanto concerne l'abbigliamento. In Italia (101 punti), invece, una delle patrie della moda per eccellenza, i prezzi di vestiti, borse e scarpe sono molto simili a quelli medi presenti nell'Ue. Agli stessi livelli ci sono gliStati baltici come Estonia (100) e Lettonia (100).

Tra i 27 Paesi dell'Ue, i costi dell'elettronica di consumo, dai cellulari all'iPad, non sono molto dissimili tra di loro. Se si escludono Svezia (115), Danimarca (113) e Malta (110) dove i prezzi superano la media europea di 10-15 punti, i prezzi dei prodotti hi tech sono più o meno gli stessi in tutta Europa. L'Italia (106) è alquinto posto tra i Paesi dove le tecnologie di consumo costano di più. Ma il divario con gli altri Stati non è molto ampio: in Gran Bretagna (98), per esempio, che è al sedicesimo posto, i costi sono di soli due punti al di sotto della media; la Germania (96), dove invece i prezzi sono più bassi di quattro punti rispetto ai valori medi, è al ventunesimo posto.

Passando ai costi dei mezzi di trasporto privato, quindi soprattutto automobili e carburante, si può osservare che l'Italia è perfettamente in linea con la media europea, mentre in Danimarca, per esempio i prezzi sono quasi insostenibili visto che superano di ben 67 punti i valori media. A sorpresa, il secondo Paese più caro per quanto riguarda i trasporti privati è il Portogallo (120 punti), uno Stato che non figura ai primi posti in nessun'altra categoria.

Un'altra voce di spesa che pesa sul bilancio dei cittadini europei è quella relativa a ristoranti e hotel. Anche in questo caso, i costi più alti si osservano nei Paesi scandinavi come Danimarca (153), Svezia (138) e Finlandia (129). Ma anche l'Italia, meta d'eccezione per gastronomia e viaggi, non scherza. Le spese che i consumatori devono sostenere nelle strutture di ricezione italiane sono più elevate rispetto alla media europea di ben sette punti. In alcuni Stati dell'Est, invece, il quadro è completamente differente. Chi si ferma in un ristorante o in un albergo della Bulgaria (il fanalino di coda di questa categoria con 45 punti), spendemeno della metà di quanto pagherebbe in media nei 27 Paesi dell'Unione europea.