venerdì 29 aprile 2011

Quarto Conto Energia, non è ancora il momento di tirare il fiato

Tra ritardi e slittamenti, è fissato per oggi in Conferenza Stato-Regioni l'esame della bozza del decreto sulle rinnovabili

energie-rinnovabili.jpgRinnovabili, tempi lunghi per il decreto

Dal 3 marzo, in cui venne approvato il decreto legislativo volto a recepire la direttiva europea 2009/28, sono passati oltre cinquanta giorni.
La scadenza del 30 aprile si avvicina ma, per quanto riguarda la definizione del Quarto Conto Energia, si registra un nulla di fatto. O quasi.

Era attesa per il 20 aprile la definizione del testo ufficiale del decreto attuativo sulle rinnovabili, ma l'esame della bozza del Quarto Conto Energia da parte della Conferenza Stato Regioniè solo iniziato e la risoluzione definitiva ha subito uno slittamento al 28 aprile, cioè oggi.

La dead line per imboccare una strada comune sulla bozza è il30 aprile, oltre questa data scadrebbero i termini della delega concessa dal Decreto Romani con conseguente ulteriore allungamento dei tempi di pubblicazione. Va considerato, inoltre, che già a far data dal 31 maggio prossimo, scadranno le tariffe incentivanti oggi in vigore per il fotovoltaico.

Il rinvio di una settimana sarebbe stato richiesto, spiega Vasco Errani presidente della Conferenza delle Regioni, a causa di alcune criticità che avrebbero impedito di raggiungere un'intesa. Come ha dichiarato l'Assessore alle attività produttive della Regione Toscana Gianfranco Simoncini, "non ci è stato dato modo di poter discutere un decreto di cui non condividiamo alcune parti".

Spero che il rinvio chiesto dalle Regioni sia legato a una necessità di approfondimento”, ha dichiarato il sottosegretario allo Sviluppo Economico Stefano Soglia, commentando il rinvio della Conferenza Stato Regioni. “Lo concediamo” ha proseguito, “perché le Regioni sono un architrave fondamentale ma non può essere una dilazione visto che, anche a causa nostra, gli investimenti sono rallentati e devono ripartire”. Ciononostante, ha ammonito Soglia, “se la posizione delle Regioni sarà volta a salvare tutto l'esistente, noi non la condivideremo”.

Tra le stesse Regioni sembra non esserci omogeneità di vedute circa la posizione da prendere: Lazio, Sicilia, Piemontee Lombardia firmerebbero la bozza proposta dal Governo; Toscana, Umbria ed Emilia Romagna sarebbero più sul piede di guerra. La Puglia ha già annunciato che proporrà alcuni emendamenti per sopprimere i limiti di potenza del fotovoltaico sui tetti e perché si arrivi al tanto chiacchierato modello tedesco, cioè tariffe decrescenti all’aumentare dei MW installati, entro il 2012 e non nel 2013 eliminando così il periodo transitorio previsto dal Governo.

"Dal 1° gennaio 2013” ha proseguito Soglia “avremo il modello tedesco. Ora abbiamo il triplo degli incentivi che ci sono in Germania, considerato il grado di insolazione che c'è nel nostro Paese, ma anche quando introdurremo questo modello avremo sempre incentivi più alti di quelli che ci sono in Germania”. In ogni caso, dal 2017, anno in cui dovrebbe essere raggiunta la grid parity ovvero il fotovoltaico residenziale e per autoconsumo soprattutto, saranno in grado di produrre energia a prezzi di mercato, non ci saranno più incentivi.

Critiche ma anche proposte dall'Anci, Associazione nazionale comuni italiani, che richiede chiarezza per il mercato delle rinnovabili da qui al 2016 passando per un procedimento più partecipato che vada a coniugare le esigenze delle imprese, del territorio e del sistema complessivamente inteso, a partire dai cittadini. Tra le proposte, quella di unariduzione delle tariffe che non superi il 10% per il 2011 e il 20% per il 2012; una proroga, almeno al 2012, per il Registro per i grandi impianti di nuova istituzione.

Perplessità per il decreto sulle rinnovabili anche dall'Unione europea che, per voce del Commissario per l'Energia, invita il Governo a definire un provvedimento che attui la Direttiva europea in modo stabile e prevedibile per il mercato, privo di misure che possano ripercuotersi sugli investimenti già effettuati.

Resta di fatto che, in attesa delle decisioni finali, i ritardi accumulati stanno tenendo in scacco un intero sistema di aziende e lavoratori del settore rinnovabili.


mercoledì 27 aprile 2011

Risparmiare 670 euro al mese in 10 mosse

Risparmiare non è solo una questione di reddito: più soldi guadagniamo, di più ne possiamo mettere da parte. Spesso riuscire ad accantonare qualcosa è anche una questione di rinunciare a cattive abitudini legate alle nostre spese quotidiane. Infatti, con le giuste scelte, si può arrivare a risparmiare fino a 670 euro!

Vediamo come si fa. 
1. Il cellulare: meglio Skype
Il cellulare è una delle spese che pesano di più sul nostro portafogli. Non è facile districarsi tra offerte, tariffe, ricaricabili e abbonamenti. Facendo un confronto tra le principali compagnie telefoniche si va da un minimo di spesa (per un abbonamento) di 32 euro al mese a un massimo di 203,39 euro (con una scheda prepagata). Per una media di 5 chiamate al giorno della durata di 2 minuti ciascuna e l'invio di 20 sms, si arriva a spendere in media anche fino a 5,55 al giorno. In un mese sono 166,5 euro. Per telefonare e assottigliare questa voce nel nostro bilancio quotidiano, è ora di guardare alle molte possibilità che il web offre per metterci in contatto con i cellulari. Abbandonate carte prepagate e abbonamenti: usando Skype dal vostro pc o dal vostro smartphone: lo stesso numero di chiamate vi costerà solo 0, 22 euro e per 20 sms spenderete solo 2,2 euro, per un totale di appena 2.42 euro al giorno e di 72,6 euro al mese.

Il confronto tra le tariffe di Skype con la media di quelle offerte dalle principali compagnie telefoniche ci dà un risparmio netto di 93,9 euro al mese.

2. Quella tazzina in meno... 
Iniziare una giornata senza un caffè consumato al bar è più di un sacrificio per la maggior parte degli italiani. Ogni caffè, se preso singolarmente, non pesa moltissimo sul nostro portafogli: il suo costo medio in Italia è di 0,80 euro, cifra affrontabile per chiunque. Tuttavia alla fine della giornata ci si può trovare ad aver preso anche 8 caffé al bancone e col portafogli un po' più leggero. Rinunciare anche a una singola tazzina ogni giorno potrebbe avere delle ripercussioni positive sul nostro bilancio. Infatti se moltiplichiamo il costo di un caffé per 30 giorni, risparmieremo ben 24 euro.

3. L'acqua è un bene di tutti
La lotta condotta affinché l'acqua rimanga un bene pubblico ha delle significative ripercussioni anche sulla nostra capacità di risparmio. Infatti, una bottiglia d'acqua da 1,5 litri costa in media 0,30 euro. Comprando una sola bottiglia e continuando a riempirla per un mese intero, scoprirete di aver risparmiato ben 9 euro, oltre ad aver alleggerito il pianeta di un bel po' di involucri in plastica.

4. Cena a lume di candela? Meglio stare a casa…
Dopo queste prime considerazioni, si potrebbe pensare che, risparmiando su telefono, acqua e caffè, ciò che ci rimane in tasca potremmo a buona ragione dedicarlo a qualcos'altro. A esempio, alla persona che amiamo, offrendole una bella cena fuori. Perché no? Ma che non diventi un'abitudine! Anzi, se già lo è, magari un appuntamento fisso dopo il lavoro per due o tre volte alla settimana, provate a saltare almeno un rendez-vous. Calcolando un costo medio di 30 euro a persona per una cena con antipasto, primo o secondo, dolce, acqua e vino, potreste arrivare a risparmiare mensilmente fino a 120 euro.

5. Auto vs mezzi pubblici
Con i prezzi della benzina alle stelle fare il pieno una volta alla settimana è diventata una vera e propria tassa costante: si può arrivare a spendere fino a 60 euro a settimana per tenere accesi i motori nel traffico. Al mese diventano 240 euro. Inoltre la macchina è un mezzo di trasporto che incide negativamente sul nostro bilancio: pagare il bollo ci costa circa 100 euro e una polizza assicurativa comprensiva di furto e incendio arriva a costarci anche 1000 euro. Significa che bollo e assicurazione messi insieme costano 91 euro al mese. 
A conti fatti l'auto toglie circa 306 euro al nostro budget mensile. 
Che fare, dunque? Rinunciare al nostro alleato nel traffico non è facile, specie se non amiamo lo scooter o i mezzi pubblici non riescono a portarci in modo rapido e indolore sul luogo di lavoro. Tuttavia, analizzando queste due alternative dal punto di vista economico, potremmo riuscire a far sorridere il nostro portafoglio.
Il costo medio di un abbonamento mensile ai mezzi pubblici è di 30 euro al mese. Mentre, pur mantenendo più o meno gli stessi costi di bollo e assicurazione per il nostro scooter, il pieno peserebbe molto meno: circa 20 euro a settimana. 
Per cui se scegliete di lasciare la vostra auto a casa a favore dei mezzi pubblici, risparmierete 121 euro. Se invece preferite le due ruote, conservando la vostra autonomia, il risparmio scende a 40 euro.

6. Assicurazione sulla casa, macchina, vita e reddito: meglio farle con la stessa compagnia
Una famiglia potrebbe trovarsi a sostenere il costo di più di un'assicurazione. Oltre la macchina, si può assicurare praticamente tutto: la casa, la vita, il proprio reddito. Per risparmiare è buona norma scegliere una sola compagnia di assicurazioni.

7. Filosofia No logo: vale per il cibo, vale per i vestiti
Quando Naomi Klein formulò la teoria combattente del “No Logo” tenne sicuramente in conto i margini di profitto che ad ogni nostro acquisto assicuriamo ai brand che acquistiamo. Ma se dalla nostra spesa - alimentare, farmaceutica e di abbigliamento - provassimo ad eliminare ogni logo? Forse scopriremmo che non è poi così difficile risparmiare su beni di prima necessità, ma anche su beni puramente voluttuari. Un jeans di marca costa in media 120 euro; un jeans no logo può arrivare a costare anche 10 volte meno, con un risparmio netto di 108 euro a jeans. 
Considerando che si può scegliere di acquistare in media due jeans all'anno, il risparmio raddoppia. Mensilmente risparmiereste 18 euro al mese. Un farmaco generico di solito costa il 50% in meno rispetto a quello brandizzato, per non parlare del cibo su cui la lotta del logo è agguerritissima, anche se nello stesso pastificio per esempio può essere prodotta della pasta poi in vendita a 0,79 euro e dell'altra pasta (molto simile per caratteristiche organolettiche) a 0,59 euro.

8. No ai cibi pronti! 
Il capitolo cibo è uno dei dilemmi del buon risparmiatore, ma è anche il campo su cui ottimizzare è più semplice. Rinunciare ai cibi pronti come un bel piatto di gnocchi alla sorrentina congelati (4,99 euro) e scegliere una confezione di gnocchi, una mozzarella da cucina e una confezione di pomodori pachino (1 euro + 0,50 euro + 1,75 euro) produrrà un risparmio netto di 1,74 euro. Non male per un singolo pasto...

9. Il pranzo al lavoro
Optando per i cibi freschi invece di quelli congelati, potrete scegliere prodotti in offerta e programmare meglio i vostri pasti, arrivando a prepararvi la famosa “schiscetta”, ovvero il pranzo fai-da-te. Saprete sempre cosa state mangiando, potrete scegliere dove farlo e frazionerete i costi ancora di più, pensando che un pranzo medio in una tavola calda costa tra i 5 e gli 8 euro. In un mese potreste ritrovarvi nel portafogli 210 euro di cui non sospettavate minimamente l'esistenza...

10. Abbonamento in palestra: meglio correre al parco.
Un abbonamento in palestra può costarci in media fra i 60 e gli 80 euro, senza contare i canoni di iscrizione annuali quasi sempre obbligatori. Per cui per mantenerci in forma, sfogare la tensione dopo una giornata di lavoro, potremmo trovarci in bilancio fino a 75 euro al mese. Scegliendo di correre al parco e di condividere un momento di allenamento con gli amici potrebbe farci risparmiare considerevolmente, oltre ad aggiungere alla nostra giornata un momento di incontro con le persone a cui di solito sfuggiamo, rispondendo “Non ho tempo, devo correre in palestra!”.

martedì 26 aprile 2011

Agroalimentare, l'Ue riconosce due nuove Dop italiane


Con la Farina di castagne della Lunigiana e la Formaggella del Luinese salgono a 225 i prodotti certificati italiani, punta di diamante del made in Italy

farina-di-castagne-della-lunigiana-dop.jpgFarina di castagne della Lunigiana

Due nuove Dop arricchiscono il paniere delle eccellenze italiane: la Farina di castagne della Lunigiana e la Formaggella del Luinese, divenute ufficialmente Denominazioni di origine protetta con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea (serie L102 del 16 aprile 2011) del Regolamento recante il riconoscimento nel registro comunitario dei due prodotti.

"Si tratta una dimostrazione che il settore agricolo italiano prosegue nel suo percorso virtuoso basato su qualità, riconoscibilità e sicurezza alimentare" ha dichiarato con soddisfazione il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Saverio Romano.
Solo due settimane fa Romano aveva detto di guardare alla qualità e alla varietà come punti di forza dell'agroalimentare italiano. E, in un'agricoltura che punta su tali caratteristiche - aveva aggiunto - non c'è posto per Ogm e coltivazioni biotech: "Non potremo mai competere sulla quantità, ma sulla qualità certamente sì, lo facciamo già e lo faremo ancora di più".

I numeri lo confermano: l'Italia svetta in cima alla classifica europea delle produzioni certificate con 225 riconoscimenti. Con i due ultimi arrivati, infatti, le Dop toccano quota 140, a cui bisogna aggiungere le 83 Igp e le 2 Stg.

La tradizionale 'rivale' dell'Italia, la Francia, si piazza seconda con 'solo' 183 prodotti, seguita a sua volta dalla Spagna con 148.

"E' una posizione di leadership che ora bisogna continuare a valorizzare e promuovere sui mercati internazionali, visto che il segmento dei prodotti garantiti ha anche un'importante peso di mercato" ha fatto notare la Cia - Confederazione italiana agricoltori. Solo nel 2010, infatti, il giro d'affari legato alle produzioni Dop e Igp è stato pari a circa 9 miliardi di euro, di cui quasi 2 miliardi legati all'export (dati Cia).

A livello regionale il fatturato alla produzione delle Dop e Igp consegna il podio all'Emilia-Romagna, con quasi 2,2 miliardi di euro complessivi e un valore del 40,9% sul totale delle produzioni italiane certificate. Al secondo posto (dati Ismea 2009) c'è la Lombardia con un fatturato di 1,3 miliardi di euro e, molto lontano dalle prime due posizioni, il Friuli Venezia Giulia con 350 milioni.

La soddisfazione per i nuovi riconoscimenti è palpabile non solo a Roma, ma anche e soprattutto sul territorio che ha proposto, sostenuto e lottato per queste denominazioni.

"E' un riconoscimento che premia un prodotto di eccellenza del nostro territorio – spiega Vincenzo Tongiani, presidente della Coldiretti di Massa Carrarae una comunità tenace come quella dei castanicoltori che non hanno mai perso la speranza anche quando il percorso sembrava essersi interrotto". E' durato infatti cinque anni il "tira e molla" per ottenere la Dop per la Farina di castagne della Lunigiana, ma il Comitato promotore (composto da una quindicina di castanicoltori, tra cooperative ed aziende, e tre mulini) ha saputo sfruttare anche il lungo iter burocratico a proprio favore: proprio grazie a questo percorso il Comitato è riuscito a triplicare la produzione complessiva passando da 50 a 150 quintali.

La Dop Farina di castagne della Lunigiana è attribuita alla farina dolce ottenuta mediante la lavorazione di castagne prodotte da castagni della specie Castanea sativa (Mill.) delle varietà di cui si riconosce storica presenza sul territorio interessato: Bresciana, Carpanese, Fosetta, Marzolina, Moretta, Primaticcia, Rigola, Rossella, Rossola. Almeno il 70% delle varietà di castagno che concorrono alla produzione della Farina di castagne della Lunigiana deve derivare dalle varietà Bresciana, Carpanese e Rossola. La Farina di castagne della Lunigiana si caratterizza per uno spiccato sapore dolce, che la distingue nettamente da prodotti simili presenti sul mercato e che le deriva principalmente dal castagno coltivato e dalle caratteristiche pedoclimatiche dell'areale di produzione, nonché dall'attività dell'uomo che nei secoli ha mantenuto la produzione della farina.

La zona di produzione della Dop Farina di castagne della Lunigiana ricade in provincia di Massa Carrara e comprende l'intero territorio amministrativo dei Comuni di: Aulla, Bagnone, Casola in Lunigiana, Comano, Filattiera, Fivizzano, Fosdinovo, Licciana Nardi, Mulazzo, Podenzana, Pontremoli, Tresana, Villafranca in Lunigiana e Zeri.

Sono circa 30 mila gli ettari complessivi di castagneti presenti oggi in Lunigiana (230 mila quelli totali in Italia, con la Toscana seconda regione italiana per ettari).

Ma anche la Lombardia esulta per la sua nuova Dop: la Formaggella del Luinese (a destra) è un formaggio a pasta semidura, prodotto esclusivamente con latte intero e crudo di capra, a coagulazione presamica, con stagionatura minima di 20 giorni. Il latte possiede particolari caratteristiche organolettiche che conferiscono poi al formaggio prodotto la particolare sapidità, l'odore e l'aroma delicato, la spiccata prevalenza di una microflora lattica mista che lo caratterizzano. Il sapore è mediamente dolce, delicato, gradevole e si intensifica con il progredire della stagionatura. Il colore della pasta è omogeneo e prevalentemente bianco.

Il territorio in cui viene prodotta la Formagella del Luinese è compreso nell'area nord della Provincia di Varese meglio definita come Prealpi Varesine.

"Questo riconoscimento - ha detto l'assessore all'Agricoltura della Regione Lombardia, Giulio De Capitani, nell'esprimere la sua soddisfazione - premia il lavoro dei numerosi produttori attivi nella provincia di Varese, l'impegno e la dedizione dell'assessore Specchiarelli per il raggiungimento di questo importante traguardo, ma premia soprattutto la grande qualità dell'agroalimentare della Regione Lombardia".

"Adesso bisogna continuare a lavorare sulla qualità e sulla tipicità dei nostri prodotti agroalimentari -conclude la Cia -ma allo stesso tempo c'è bisogno di rafforzare la lotta alla contraffazione, perché la tutela delle ‘griffe’ alimentari è ancora troppo debole e non riesce a contrastare fenomeni odiosi come l’Italian sounding."

sabato 9 aprile 2011

Gasolio più care le nuove lavorazioni


Gasolio, più care le nuove lavorazioni L’impennata del prezzo del carburante costringerà le imprese agromeccaniche a ritoccare le tariffe Il prezzo del petrolio che ha sfondato i 116 dollari al barile sta infiammando l’economia italiana e anche l’agricoltura comincia a leccarsi le ferite. Trainati dal caro carburante i costi delle imprese agricole continuano infatti a impennarsi. L’Ismea, in particolare, rileva a inizio anno un ulteriore inasprimento dei costi a carico degli agricoltori, valutando una crescita del 4,4% rispetto a gennaio 2010. L’Istituto segnala il forte rincaro del mangimi (+16,9% in un anno) e dei carburanti (+6,4 per cento). Una situazione che secondo il presidente dell’Ismea, Arturo Semerari, «rischia di determinare un peggioramento dei livelli di redditività dei nostri agricoltori, dopo una fase di faticoso recupero di questi ultimi mesi». E il peggio deve ancora venire. Le nuove tariffe delle lavorazioni infatti potrebbero riservare sorprese. Massimo Alberghini Maltoni, vicepresidente e portavoce dell’Unima, l’associazione che rappresenta le imprese agromeccaniche, anticipa aumenti sicuri nel prossimo piano tariffario che sarà pronto entro maggio. D’altra parte i numeri non sono un’opinione. Da marzo 2009 a oggi, Mantoni ha calcolato un’impennata dell’84% del prezzo del gasolio. Dai 0,388 euro al litro rilevati nel 2009 dopo un andamento tranquillo finora febbraio 2010 (0,4 euro al litro) si è verificato il primo picco a inizi di marzo arrivando a 0,6 euro, quindi nuovo assestamento per poi avviare da novembre a marzo 2011 un’escalation che ha fatto schizzare il prezzo a 0,715, con un incremento in tre mesi del 20 per cento e in due anni di oltre l’80 per cento. I prezzi, spiega l’esponente dell’Unima, variano in base al tipo di cliente, ma la stangata comunque è pesante. «Ed entro maggio – afferma – dovremo concretizzare i ritocchi tariffari». Nei prossimi giorni partirà il confronto all’interno dell’Unima per capire quali saranno le proiezioni sul costo orario. Alberghini ha messo nero su bianco alcuni conteggi e il risultato è che l’agricoltura è davvero alle prese con una pesante emergenza. «Per le macchine di maggiore potenza – spiega – che vengono utilizzate per le lavorazioni pesanti abbiamo calcolato che i nuovi prezzi del gasolio determinano un aumento dei costi che va dal 9 al 12 per cento. Un Challanger da 300 cavalli consuma infatti circa 55 litri all’ora e dunque il costo del servizio prestato dal contoterzista chiavi in mano ora è di 160 euro all’ora. Con il caro-gasolio la tariffa dovrebbe crescere di 18 euro all’ora. Per una trattrice da 200 cavalli il cui costo orario si aggira sui 130 euro, l’aumento non supera il 10% tenendo conto che il consumo scende a 35 litri all’ora ». Ma gli aumenti si scaricheranno in automatico sulle imprese agricole? Alberghini ci tiene a chiarire che storicamente gli agromeccanici si sono sempre fatti carico di assorbire i rincari: «Le nostre imprese non scaricano tutto sul cliente, assorbono una parte degli aumenti, ma certo non possiamo regalare. E allora probabilmente scaglioneremo gli aumenti e se il costo del petrolio dovesse ridursi annulleremo i ritocchi programmati». L’impatto sarà decisamente inferiore per le lavorazioni leggere che però rappresentano una quota marginale e alla fine si riducono alla distribuzione dei fitofarmaci. Per tutte le altre lavorazioni infatti si utilizzano macchine di grossa potenza. «Prendiamo il caso dello spandimento dei liquami – sottolinea Alberghini – ora le botti sono più pesanti e servono trattrici di potenza superiore rispetto a quelle che si usavano anni fa anche perché si accelerano i tempi delle lavorazioni. Le grandi macchine infatti oltre alle performance operative hanno anche la caratteristica di richiedere meno tempo e quindi meno manodopera che è un altro costo pesante». Il vice presidente dell’Unima non azzarda tariffe medie «le politiche tariffarie sono legate alle zone, l’analisi che ho fornito riguarda lavorazioni di commodity come il grano nella mia provincia, Modena, ma anche in tutto il Nord, in Umbria però, per esempio, ci troviamo di fronte ad altre caratteristiche dei terreni, così come al Sud». A lanciare l’allarme è anche il Confai. «Il gasolio agricolo è schizzato a quasi 1 euro al litro – afferma il presidente Leonardo Bolis – e, tenuto conto che un’azienda agromeccanica ne utilizza, in media nazionale, circa 80mila litri, la spesa per il suo acquisto potrebbe aumentare di oltre 30mila euro, sempre che non si registrino ulteriori rincari».

Cereali prezzi nazionali e mondiali a confronto


Cereali. Prezzi nazionali e mondiali a confronto (dal 18 al 24 marzo 2011) Frumento tenero verso la stabilizzazione Italia In assenza di merce locale l’offerta è comunitaria ed estera, con effetto ribassista dovuto all’arrivo di merce extra-Eu forse in parte destinata al Magreb. Il trend è stato ribassista anche perché al momento la Francia non ha altri sbocchi commerciali che il continente europeo, tuttavia si vede all’orizzonte una stabilizzazione dei prezzi (o una ripresa) non appena la situazione in Nord Africa si rasserenerà. Milano e Bologna ratificano il momento transitorio con rispettivamente un invariato e un -5 €/t (che recupera la giornata di chiusura del 17 u.s.). Grano duro sempre giù Italia in un mercato cerealicolo che vive di alti e bassi il duro si mantiene indipendente e al costante ribasso. Alla quasi assenza di domanda si contrappone una buona offerta di “rivendite” e dimerce di ogni origine. Sul nazionale i prezzi dei contratti a listino vedono bruschi cali dovuta al fatto che si quota una situazione surreale ove se ilmondo ha poche scorte, l’Italia ne avrebbe anche fin troppe per arrivare a giugno: si parla di oltre un milione di tonnellate a riporto. Le esigue speranze di ripresa sono legate alla possibile riapertura delle aste in Nord Africa e la conseguente inversione sulle piazze del Sud Italia ed europee. Milano vede meno 3 €/t mentre Bologna ratifica un meno 10 €/t (ma la settimana scorsa era chiusa). Mais, le quotazioni tengono Italia se il mercato vive di luce riflessa quanto accade in Europa e nel mondo, i segnali di “incertezza e limitata disponibilità” che si ricevono rassicurano gli operatori della sostanziale tenuta delle quotazioni. Dopo la flessione delle scorse settimane, le piazze mondiali si rafforzano e il nostro mercato (che poco aveva recepito i cali “mondiali”) passa un simbolico +1,5 €/t a Milano e un -1 €/t a Bologna che allinea le due Borse . A pesare sul futuro le conferme dell’aumento delle semine nazionali (+68%) e (soprattutto) europee. Cereali foraggeri e oleaginose Italia Cereali foraggeri: l’intero comparto vive la crisi generale della zootecnia ed un contesto cerealicolo europeo che stenta a tenere le posizioni. La domanda non preme e l’offerta resta da paesi terzi e dall’Europa. Quotazioni in regresso sulle piazze del Nord con il sorgo che fa segnare un -8€/ t, l’orzo un -3 €/t e il grano -5 €/t.Oleaginose: la situazione 2011 potrebbe essere più sostenuta che nelle attese,ma al momento le nostre piazze quotano stabilità conMilano “invariato” e Bologna -5€/ t. Segnali di ripresa. Il commento completo sui prezzi europei e mondiali su Terra e Vita.

venerdì 1 aprile 2011

Gli obbiettivi della nuova pac

Pac 2014 -2020, Sardegna capofila in Europa

L'assessore all'agricoltura Prato lancia il coordinamento delle Regioni Ue: 'La proposta per la nuova Pac premia le aree socialmente virtuose come la Sardegna'

azienda-agricola-desolata-rovina-byflickrcc20-stevenw82_Steven-Wisniewski-Robots_Rock.jpgL'assessore Prato ha sottolineato l'importanza dell'agricoltura come salvaguardia della ruralità e dell'ambienteFonte immagine: Stevenw82

"Sardegna regione capofila in Europa per sostenere la nuova Politica agricola comune voluta dal commissario Ue Ciolos e che vede per la prima volta l'agricoltura come bene pubblico". E' la proposta lanciata dall'assessore dell'Agricoltura Andrea Prato, intervenuto a Ozieri (Ss) a un convegno sulla nuova Pac 2014-2020 organizzato dall'associazione 'I Pratici' e moderato dal direttore de 'Il Tempo' Mario Sechi. L'assessore ha poi aggiunto: "E' una svolta storica sulla quale lavoreremo per convocare nell'isola tutte le Regioni d'Europa, dove l'agricoltura è prima di tutto salvaguardia della ruralità e del ruolo sociale, con l'obiettivo di creare un coordinamento per avere più forza a sostegno di una politica comune".

All'iniziativa hanno preso parte l'assessore degli enti locali Nicola Rassu, parlamentari sardi e consiglieri regionali, presidenti di cooperative lattiero-casearie ma soprattutto tanti allevatori e agricoltori di tutta la Sardegna. La proposta dell'assessore è stata concordata con il presidente della Regione, Ugo Cappellacci, anche perché quanto discusso in Sardegna ha anticipato ciò che a Roma è stato al centro del Forum nazionale sulla Pac. "La nuova politica agricola - ha detto Prato - farà bene non solo alla Sardegna ma a tutte quelle realtà penalizzate negli ultimi 40 anni ma che da sempre producono, oltre al cibo, valori intangibili di inestimabile valore come la tutela ambientale e sociale".

Per la prima volta nella storia agricola dell'Unione europea le poche Regioni ricche e iperproduttive dovranno deporre lo scettro in favore delle aree più deboli ma più produttive in termini di beni pubblici. Tutto questo, come ha illustrato il docente dell'Università di Perugia Angelo Frascarelli, intervenuto al convegno e tra i massimi esperti in Italia sulle politiche in agricoltura, "si tradurrebbe in un +81%rispetto agli aiuti finanziari precedenti (equivalenti a più 190 milioni circa all'anno) per la nostra isola".

"Per questo – ha proseguito Prato – vogliamo appoggiare la proposta di Ciolos, dando vita a un coordinamento a sostegno della nuova Pac condiviso da diverse regioni italiane ed europee con modalità produttive, vocazione alla multifunzionalità e cultura rurale simili alla nostra". La proposta del rumeno Ciolos premierebbe, oltre alla Sardegna, Trentino Alto Adige, Abruzzo, Toscana, Basilicata, Corsica, zone appartenenti al Massiccio centrale francese, Austria, Grecia, Spagna, Pirenei e Carpazi da sempre impegnate nella tutela dell'ambiente e della biodiversità, nel mantenimento della vitalità delle zone rurali, negli incentivi alle ecoenergie, nella valorizzazione delle risorse locali e delle zootecnie estensive come ad esempio quelle dei pascoli ovini.

A parlare dell'efficacia del nuovo modello basato sulla Sau sono i numeri. Ad essere incentivate fino ad oggi infatti sono state esclusivamente le grandi regioni produttrici di cereali, ad agricoltura industriale (tabacco, pomodoro, barbabietola, oleaginose) o a zootecnia intensiva, come Lombardia, Calabria, Veneto e Puglia. Oggi queste Regioni rischiano di perdere fino alla metà dei pagamenti diretti registrati negli scorsi anni. Premiate per la produzione di beni pubblici invece sarebbero tutte le altre regioni. In particolare, secondo Nomisma, oltre alla Sardegna (che percepirà un +81% rispetto agli aiuti precedenti), Abruzzo (+62%), Toscana (+54%), Sicilia (+48%), Basilicata (+32%), Trentino Alto Adige (+28%). Nella top 5 del plafond destinato ai finanziamenti diretti (secondo una stima dell'Università degli Studi di Perugia), in base alla superficie agricola coltivabile Sardegna (+ 190 milioni circa all'anno), Trentino Alto Adige (+115 milioni) e Toscana (oltre 100 milioni in più), seguiti da Abruzzo (+80 milioni) e Basilicata (+60 milioni). Sempre secondo la ricerca di Frascarelli, tra le Regioni più penalizzate ci sarebbero Lombardia (circa -230 milioni di euro), Puglia (-210 milioni), Calabria (- 125 milioni) e Veneto (-140 milioni) con il Piemonte e Campania in leggero deficit.

"La Sardegna che produce beni pubblici in quantità superiore a tutte le altre aree agricole italiane - concludono Cappellacci e Prato - da sempre è stata penalizzata dalle precedenti Pac. Oggi si riprende ciò che negli ultimi 40 anni le è stato negato. Ma questa non è una battaglia solo sarda: vogliamo fondare un movimento europeo per garantire la competitività di tutte quelle zone agricole da sempre svantaggiate rispetto alle altre".

Verso la nuova Pac 2014 - 2020

Tappe:

• Novembre 2010: Comunicazione ufficiale della Commissione sul futuro delle politiche comunitarie e sul bilancio 2014-2020;

• Luglio 2011: Proposte legislative sulla nuova Pac 2014-2020;

• Fine 2012: Approvazione della nuova Pac

• 1 gennaio 2014: Entrata in vigore della nuova Pac

Nuovi strumenti e benefici per la Sardegna

La nuova Pac 2014-2020, in base alla prima comunicazione del commissario Ciolos, introduce nuovi obiettivi e nuovi strumenti:

• la remunerazione per i beni pubblici (l'agricoltura della Sardegna produce beni pubblici in quantità superiore ad altre aree agricole italiane;

• la ridistribuzione: saranno favorite le aziende che nel periodo di riferimento erano a: vigneti, orticole, patate, frutta, vivai, zootecnia estensiva, foraggere, leguminose, grano tenero, orzo e cereali minori.

maggiorazione per gli handicap naturali: la Sardegna avrà la possibilità di vedere riconosciute le proprie caratteristiche strutturali, come valore per tutta l'Ue.

pagamenti per l'agricoltura verde, tra cui i pascoli permanenti: la Sardegna avrà la possibilità di portare valore nelle proprie aree interne;

• pagamenti in aree dove la produzione ha un alto valore strategico: la Regione Sardegna farà valere le motivazioni per portare la zootecnia ovina da latte come produzione ad alto valore strategico.

Obiettivi generali

• Produzione di cibo;

• Gestione risorse naturali;

• Sostenere i redditi dei produttori agricoli e contribuire a ridurre la loro variabilità dovuta alla volatilità dei prezzi;

• Sostenere la competitività delle imprese agricole

• Sostenere l'attività agricola nelle zone con vincoli naturali, offrendo una compensazione aggiuntiva;

• Remunerare gli agricoltori per la produzione di beni pubblici ambientali non pagati dal mercato e per il mantenimento di pratiche agricole sostenibili;

• Contribuire a contrastare gli effetti negativi del cambiamento climatico;

• Sostenere l'occupazione e l'attività agricola nelle aree rurali;

• Contribuire alla diversificazione dell'economia rurale

La nuova pac

Corpo 8, nuova Pac tra punteruolo e batteriosi

Cosa hanno scritto quotidiani e periodici sui temi dell'agroalimentare dal 18 al 24 febbraio

edicola.jpgCorpo 8 è la dimensione del carattere di stampa che con maggiore frequenza si incontra sui quotidiani

La settimana si è aperta con due importanti avvenimenti che riguardano la Pac, la politica agricola comunitaria, argomento che è stato al centro del Consiglio dei ministri Agricoli a Bruxelles e di un importante Forum organizzato dal ministero dell'Agricoltura a Roma. “Il Sole 24 Ore” del 22 febbraio si sofferma sulle decisioni prese a Bruxelles in tema di etichettatura (se ne parla anche su questo numero di Agronotizie), argomento ripreso nello stesso giorno anche sulle colonne della “Gazzetta del Mezzogiorno”. Il 23 febbraio “La Padania” interviene sull'argomento ricordando che il via libera della Ue alle etichette riguarda solo la carne. Si continua a parlare di Pac sulle pagine del “Tempo” che commentando le risultanze del Forum pone l'accento sul tentativo del mondo agricolo di trovare un'unità da tempo dimenticata. Un tema, questo dell'unità del mondo agricolo che era stato anticipato già il 19 febbraio sulle colonne di “Italia Oggi”.

Mercati in tensione

Altro tema al centro delle attenzioni dei media è quello dei mercati e delle tensioni sui prezzi delle materie prime. “Il Sole 24 Ore” del 19 febbraio definisce i prezzi “metereopatici” per spiegare il legame fra andamento del clima, produzioni e mercato. Ed è ancora “il Sole 24 Ore” che nello stesso giorno illustra le misure comunitarie in tema di dazi destinate ad allentare le tensioni sui prezzi. Anche la Cina, scrive “Finanza e Mercati” del 24 febbraio, deve ora fare i conti con il caro-grano. Non sfugge ad “Italia Oggi” il legame fra andamento dei prezzi e nuove povertà delle quali l'aumento delle materie prime può essere responsabile in molti Paesi.

Accordo per il pomodoro

A proposito di prezzi, c'è da prendere nota che finalmente si è raggiunto un accordo per la campagna del pomodoro. Se ne parla su “Il Sole 24 Ore” del 20 febbraio, argomento ripreso il 22 febbraio sulle pagine de “La Voce di Mantova”. Si parla di pomodori anche su “Italia Oggi” del 22 febbraio, ma questa volta l'argomento è la polemica scatenata da una nota trasmissione televisiva a proposito della produzione del Pachino. Per il tabacco continuano le difficoltà, e il “Nuovo Corriere Aretino” del 18 febbraio riporta una cronaca delle manifestazioni di protesta inscenate dai produttori a Roma.

Tra punteruolo e batteriosi

Le Giornate Fitopatologiche che si sono tenute a Rimini e delle quali si occupa “Affari e Finanza” del 21 febbraio hanno forse contribuito a portare l'attenzione dei media sui temi della patologia vegetale. “La Stampa” del 18 febbraio si sofferma sul problema della batteriosi del kiwi che è definita non a rischio, almeno in alcune zone del Piemonte. Ancora “La Stampa” torna il 20 febbraio sull'argomento, per descrivere i punti sui quali si basa il programma di prevenzione di questa patologia. “Il Resto del Carlino” del 21 febbraio lancia l'allarme sul ritorno del punteruolo rosso che sta minacciando le palme. Un argomento del quale si occupa anche il “Giornale di Sicilia” che ospita una breve nota con il dettaglio delle recenti norme emanate per contenere la diffusione di questa patologia.

Latte e uova

Passando al mondo degli allevamenti, dal Consiglio agricolo della Ue arriva la conferma che non ci saranno rinvii per il divieto di allevamento in gabbia delle galline ovaiole che scatterà con il primo gennaio del prossimo anno. Ne danno notizia il 22 febbraio “La Stampa” e “Italia Oggi”. Si torna a parlare di quote latte e di multe con il rinvio proposto nel Milleprorghe. “Italia Oggi” del 18 febbraio affronta l'argomento sotto il profilo politico, mentre “Il Sole 24 Ore” del 20 febbraio offre un dettaglio dell'intera materia soffermandosi su tempi e costi che la decisione comporta. In tema di latte vanno ricordati i problemi dei produttori di latte ovino, questa volta della Toscana, dove molti caseifici scrive “La Nazione” del 18 febbraio, stanno rischiando la chiusura. Non va meglio per i pastori della Sardegna che hanno deciso, scrive “Nuova sardegna” del 23 febbraio, di portare la loro protesta a Milano. Sperando che non accada come a Roma, quando venne loro impedito di manifestare.


Pacchetto qualità, punti critici e proposte

Con l'approdo nelle aule del Parlamento europeo, il 'Pacchetto qualità' presentato dal commissario Ciolos comincia a essere discusso nei dettagli. I risultati del seminario 'Verso una nuova politica sulla qualità' svoltosi in Commissione Agricoltura

parlamento-europeo-strasburgo.jpgPaccheto qualità, analisi e proposte

Cosa c'è davvero nel Pacchetto qualità? Quali i punti di forza e quelli critici delle proposte legislative avanzate dalla Commissione europea per aumentare l'efficacia del sistema di certificazione dei prodotti alimentari Dop, Igp e Stg?

Sono tanti e diversi gli ostacoli per trasformare lepolitiche di qualità europee da un sistema di tutele essenzialmente conservative (con la corsa al numero di marchi più che alla loro crescita in valore economico) a una vera strategia di sviluppo dei territori.

Con l'approdo del provvedimento nelle aule del Parlamento europeo (relatrice la spagnola Iratxe Garcia-Perez, votazione in Commissione Agricoltura prevista per l'11 aprile) il Pacchetto presentato dal commissario Ciolos alla fine dell'anno scorso comincia a essere analizzato e discusso nei dettagli anche con l'ausilio di esperti indipendenti.

Come in occasione del seminario 'Verso una nuova politica sulla qualità', tenutosi alla Commissione Agricoltura del Pe, cui hanno preso parte il ricercatore dell'Inra Gilles Allaire, che ha parlato del ruolo dei piccoli agricoltori e dei mercati locali nei regimi di qualità, e l'italiano Denis Pantini, responsabile dell'Area Agricoltura e Industria alimentare diNomisma, che ha trattato il tema del futuro dei regimi di qualità nella cornice della nuova Pac.

"Le politiche di qualità europee – il succo della sua analisi – tendono più a preservare che a sviluppare i prodotti locali. Ma se è così, dovremmo parlare più di politica sociale che di politica economica".
I problemi sul tavolo sono tanti, e molti di essi vengono affrontati solo parzialmente dal Pacchetto qualità della Commissione: dalla mancata tutela dei marchi di qualità Ue nei Paesi terzi allo scarso potere contrattuale dei produttori, dai limiti di un sistema produttivo troppo frammentato a un'esigenza di maggiore semplificazione amministrativa e burocratica (il pacchetto qualità da un lato velocizza la procedura di autorizzazione delle Dop, dall'altro complica le cose separando la regolamentazione dei vini da quella di tutti gli altri prodotti alimentari), fino all'ancora scarsa conoscenza dei marchi da parte del consumatore medio europeo (solo l'8% riconosce dop, igp e stg).

"Un’ambiziosa politica per la qualità – spiega Pantini - dovrebbe fornire strumenti per permettere uno sviluppo di mercato di queste produzioni, per raggiungere obiettivi che la stessa riforma della Pac individua come prioritari: competitività delle produzioni, vitalità delle aree rurali, salvaguardia ambientale ed occupazionale".

Le proposte per migliorare il testo della Commissione non mancano: stimolare l'aggregazione tra i produttori, programmare la produzione in funzione del mercato, compiere passi concreti in ambito Wto per un registro internazionale dei prodotti di qualità (ipotesi già avanzata ma bloccata dagli Usa), promuovere la conoscenza dei loghi comunitari presso i consumatori, razionalizzare il sistema di iscrizione delle denominazioni.

Tutte indicazioni di cui la rapporteur parlamentare Garcia Perez sembra intenzionata a tener conto e che entreranno nella relazione parlamentare.